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Redditometro - i controlli del Fisco non infrangono la privacy

RedditometroIl redditometro - lo strumento utilizzato dall’Agenzia delle entrate per effettuare controlli sui contribuenti - non viola la privacy. E’ quanto ha stabilito la Cassazione.

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Non sussiste violazione della privacy nella raccolta e nell'archiviazione di dati da parte del Fisco attraverso il redditometro. Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza n. 17485 del 4 luglio 2018, annullando così il provvedimento del Tribunale di Napoli, che nel 2013 accettava un ricorso in merito alla legittimità degli accertamenti del fisco tramite redditometro.

L’attività di controllo del Fisco, infatti, è fondata e regolata secondo disposizioni di legge.

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Il contenzioso e la sentenza della Cassazione

Il ricorso presentato dal contribuente nei confronti dell’Agenzia delle entrate dinanzi al Tribunale di Napoli chiedeva che venisse riconosciuta la gravità dei pregiudizi e dei danni della privacy che potevano derivargli dall’applicazione del decreto del 24 dicembre 2012, in attuazione della norma istitutiva del redditometro, e che venisse ordinato all’Agenzia di astenersi dal raccogliere dati e informazioni, dal monitorare le spese e archiviare i relativi dati.

I giudici di primo grado gli avevano dato ragione e ordinato al Fisco di “non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati”, nonché di “cessare, ove iniziata, ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione del ricorrente”.

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La prima sezione civile della Cassazione ha ribaltato la situazione accogliendo il ricorso presentato dall'Agenzia delle entrate e annullando così del tutto la sentenza dei giudici partenopei.

I diritti previsti dall'articolo 7 del codice della privacy, sottolinea la Corte, “concernono il trattamento illegittimo di dati specificamente individuati e non genericamente il trattamento di tutti i dati riguardanti un interessato e indistintamente indicati”.

Altrimenti, l'iniziativa si tradurrebbe “in una non consentita opposizione da parte del contribuente all'azione di accertamento dell'Amministrazione, fondata su disposizioni di legge, così da impedire all'amministrazione di esercitare le potestà ad essa attribuite dalla legge”, si legge nell’ordinanza.

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