logo-gruppo-bancario-iccrealogo BCC-credito-cooperativo

Delusa da Copenhagen, l'Europa cerca nuove risposte sul clima

 Avremmo potuto fermare la catastrofe del cambiamento climatico, ma non lo abbiamo fatto. Disillusa dai risultati disastrosi della Conferenza di Copenhagen, l’Europa prova a ritornare alla carica sul clima. Lo scacco di Copenhagen è imputato al rifiuto della Cina e degli Stati Uniti di accettare degli impegni vincolanti. Alcuni paesi membri rilanciano l’idea della “Global Carbon Tax” che, attribuendo un costo fisso alle emissioni di CO2, avrebbe un impatto immediato sulle decisioni di investimento.

“Dobbiamo capire come procedere dopo il fallimento di Copenhagen” ha spiegato il ministro dell’ambiente Andreas Carlgren al suo arrivo a Bruxelles per una riunione con i suoi omologhi. Più netta la posizione di Paul Magnette, ministro belga per il clima: “Se i paesi che inquinano di più continuano a ostacolare l’adozione di obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni, l’Unione Europea deve considerare – come previsto dal rapporto del WTO del 26 giugno 2009 – una Carbon Tax sui prodotti importati da quei paesi che praticano una concorrenza sleale nei confronti delle nostre imprese”.

La posizione di fermezza avanzata da Paul Magnette è da tempo caldeggiata dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. E’ questo il momento di decidere quale proposta dovrà presentare l’UE il prossimo 31 gennaio, ma soprattutto le azioni da intraprendere per rassicurare le imprese europee.

Tuttavia neppure la Carbon Tax riscuote l’unanimità in seno all’Unione Europea. Gli stessi tedeschi sono divisi su questo punto. “Non possiamo conseguire questo obiettivo attraverso un dirigismo di Stato” ha sostenuto il ministro tedesco dell’ambiente Norbert Rottgen.

Anche la Commissione Europea mantiene il riserbo sulla Carbon Tax, che non rientra ufficialmente tra i temi di discussione. Per il momento l’UE deve attenersi all’impegno di ridurre le emissioni di gas serra del 20% entro il 2020 rispetto agli standard del 1990, con l’eventualità di arrivare al 30% qualora gli altri paesi sviluppati dovessero prendere impegni simili.

C’è inoltre da dire che l’esecutivo europeo è ancora in piena fase di transizione, in attesa che il “Barroso II” entri in servizio a tutti gli effetti nel febbraio 2010.

A suscitare alcune perplessità è soprattutto la figura del neocommissario per il clima, l’ex ministro danese dell’ambiente Connie Hedegaard. Quest’ultima si insedia subito dopo il suo fallimento personale alla conferenza di Copenhagen, dove si è trovata costretta a lasciare la presidenza dei negoziati dopo essere stata duramente criticata dai membri del G77 (la coalizione dei paesi in via di sviluppo) con l’accusa di fare gli interessi dei paesi ricchi. Quale sarà il ruolo della Hedegaard all’interno della Commissione Europea? Per capirlo bisognerà attendere i primi mesi del 2010. L’unica sicurezza è che l’Europa per il momento l’unica ad essersi già imposta dei vincoli.
(Alessandra Flora)

Questo sito web utilizza i cookie! Acconsenti ai nostri cookie, se continui ad utilizzare questo sito web.