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Oltre la crisi: la ricetta dell'Ocse

Logo OCSEIl rafforzamento delle nostre economie nei settori chiave del lavoro, della concorrenza e della fiscalità deve sostituirsi al management della crisi che ha caratterizzato il periodo di emergenza  Ad affermarlo è l’ultimo report “Going for Growth” pubblicato dall’Ocse. I governi, infatti, hanno già iniziato a rimuovere le misure d’urto messe in atto per evitare il collasso globale. Ora, però, devono assicurare politiche di sostegno e nuove misure, nei prossimi mesi, per stimolare la crescita e migliorare la qualità della vita a lungo termine. Purtroppo la disoccupazione persisterà a livelli più alti rispetto al periodo che ha preceduto l’esplosione della congiuntura economica negativa. Ad affermarlo è Pier Carlo Padoan, capo economista e vice segretario generale dell’Ocse.

L’Ocse dedica un intero capitolo del suo consueto report annuale sulla crescita all’importanza della mobilità sociale intergenerazionale, che promuove le pari opportunità e valorizza le potenzialità delle risorse umane. Dallo studio emerge che le riforme che promuovono attraverso l’intervento statale la mescolanza sociale tra le scuole ed l’educazione prescolare possono contribuire ad una maggiore mobilità sociale e salariale soprattutto in paesi caratterizzati da una bassa mobilità come l’Italia, la Gran Bretagna o gli Stati Uniti.

Secondo l’Ocse i governi devono proseguire verso una maggiore regolamentazione dei mercati finanziari, che hanno avuto il loro peso nella genesi della crisi. In realtà la regolamentazione e la concorrenza non sono principi in confitto tra di loro. Si tratta di un’analisi incoraggiante, che incita i paesi a fare di più e più in fretta, seguendo il sentiero già intrapreso.

Proprio a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena concorrenza deve impegnarsi il nostro Paese. Ventesima tra i 30 Paesi Ocse per Pil pro capite, per effetto della crisi l'Italia rischia di diventare fanalino di coda e deve quindi intervenire rapidamente su alcuni punti deboli, come la scarsa produttività e l'eccessiva pressione fiscale su lavoro e pensioni. Per l'Italia, spiega l’Ocse, gli effetti a lungo termine della crisi sul sistema produttivo potrebbero costare un taglio di 4,1 punti del Pil, di cui 1,9 causati dal deterioramento dell'occupazione e 2,2 dal costante aumento del costo del capitale. Un impatto superiore a quello previsto per le principali economie dell'Unione europea (Francia -2,8, Gran Bretagna -2,9, Germania -3,9) e del mondo (Stati Uniti -2,4, Giappone -2,1). Il nostro Paese in particolare è caratterizzato da un'insufficiente produttività della manodopera.

Altro settore cruciale su cui l'Italia deve intervenire è la pressione fiscale. Per rilanciare l'economia nostrana occorre ridurre i tassi marginali d'imposizione sul reddito e i contributi previdenziali, e ampliare il campo delle deduzioni sui costi della manodopera a livello di imposta regionale sulle attività produttive. Per finanziare questa riduzione lo Stato italiano deve rafforzare l'applicazione delle leggi fiscali, e mettere fine alle amnistie fiscali. L'azione svolta nel 2009 dal governo, valuta l'Ocse, ha portato un miglioramento generale della situazione, anche se lo scudo fiscale è stato "relativamente generoso" per il rimpatrio dei capitali dall'estero.

(Alessandra Flora)

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