logo-gruppo-bancario-iccrealogo BCC-credito-cooperativo

Project Financing - il rilancio del PPP passa dai contratti standard?

 

Inefficace la convenzione tipo del MEF per i contratti di partenariato pubblico-privato se non si affrontano i problemi strutturali

Cantiere

Il 24 novembre scorso ho assistito al convegno organizzato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze sul “rilancio” del Project Financing nel nostro Paese, e ho capito che, a 21 anni dalla pubblicazione della Legge Merloni, ancora una volta siamo fuori strada.

Ho sentito che verranno presi provvedimenti per rendere ancora più restrittive le condizioni per i privati a tutela della PA, quasi che ci fosse l’arrembaggio dei privati a proporre operazioni in PF e non il vuoto torricelliano della realtà. E per fortuna non ho sentito fare accenni a quella chimera dei “Project Bond

Non ho sentito spendere neanche una parola sul fatto che tutta la normativa di settore è ancora intesa come un segmento degli appalti e quindi l’attenzione è tutta verso i requisiti del progetto e del costruttore e non del gestore, su cui viceversa si impernia il 90% del tempo della concessione e il 99% del successo della concessione stessa. Come se un investitore che volesse impegnarsi nella realizzazione di un albergo si preoccupasse solo di chi lo costruirà e non di chi dovrà garantirgli il ritorno dell’investimento nel corso degli anni, cioè il gestore.

Non ho sentito spendere una parola sul nodo della Conferenza dei “Dis-Servizi”, trappola su cui si arena la stragrande maggioranza delle (poche) iniziative sul nostro territorio.

Non ho sentito spendere una parola sulla bassissima qualità dei Progetti Preliminari che arrivano alla gara per l’individuazione del Promotore, a causa della mancanza di finanza per coprire la fase “a rischio” della progettualità.

E tantomeno ho sentito spendere una parola sulla necessità di affrontare seriamente la questione degli studi di fattibilità, vero fattore critico di successo nella fase di programmazione delle OOPP.

Non ho sentito spendere una parola sulla sotto-capitalizzazione delle imprese italiane, che non hanno la minima capacità di impegnare equity adeguato per operazioni medie di 60-200 milioni, cioè il classico range del “PF all’italiana”. E, anche se la hanno, non hanno nessuna intenzione di immobilizzare le proprie (esigue) risorse per i 30-50 anni del periodo di concessione, visto che il loro mestiere consiste nell’arrivare a malapena al collaudo della iniziativa.

Non ho sentito spendere una parola sul fatto che le banche italiane non sanno “entrare nel merito del credito”, requisito fondamentale, diffuso in tutto il resto del mondo, per attivare una buona leva sulle operazioni di PF, ma sono solo capaci di continuare a chiedere garanzie reali ai concessionari i quali, essendo le opere in concessione solo in minima parte coperte da diritto di superficie, sono costretti a mettere mano ai propri mezzi e ai propri castelletti per dare le garanzie richieste. E tutto ciò nonostante le banche facciano pagare laute parcelle dai concessionari a favore di “advisor” per due diligence di cui non sanno che fare.

Non ho sentito spendere una parola sulla vacuità delle “asseverazioni” dei PEF in fase di proposta, che non servono più a nulla quando si arriva a closing di un senior loan (mediamente 7-8 anni dopo, se va bene, ovvero, al netto di crisi globali, quantomeno a scenari di mercato completamente mutati), ma le cui normative estensive sono state solo in grado di creare un secondo mercato che si è messo in concorrenza con le banche “serie” e che serve solo ad appesantire inutilmente i “costi a rischio” dei proponenti.

Non ho sentito spendere una parola sul fatto che il sistema assicurativo italiano non è assolutamente in grado di entrare nelle logiche del PF, in quanto, abituato a operare solo nel tradizionale mondo degli appalti, non sa neanche concepire di poter rilasciare una “cauzione provvisoria”, necessaria per poter partecipare alla gara per l’individuazione del concessionario, in assenza del titolo contrattuale, cioè la convenzione di concessione, che verrà formalizzata solo dopo l’aggiudicazione definitiva della gara.

Dopodichè, se qualcuno non si deciderà seriamente a prendere il toro per le corna, e cioè affrontare l’elenco “vero” dei problemi della PPP, di cui ho richiamato solo una parte, l’unica cosa che prolifererà su questo tema saranno i convegni.

Link
Project financing - Palazzo Chigi, migliorare competenze PA

Il Project Financing per la realizzazione delle opere pubbliche in Italia Stato dell’arte, criticità e prospettive

Author: Ciccio Pizzettaro / photo on flickr

Per continuare a leggere gli articoli inserisci la tua...
o

Questo sito web utilizza i cookie! Acconsenti ai nostri cookie, se continui ad utilizzare questo sito web.